Si sente spesso parlare di cactus.
E ascoltando, o leggendo, queste sei lettere ci si figura immediatamente la classica pianta verde “con le braccia”, dall’aspetto minaccioso perché piena di spine, ma anche buffa e affascinante allo stesso tempo. E la si immagina generalmente abitare zone desertiche.
Non è del tutto sbagliato.
Questo perché il più comune tra i cactus, o per utilizzare il termine corretto, tra le cactacee, è appunto il Fico d’India. Quello con le braccia (o le orecchie).
Ma andiamo per ordine.
Il cactus, o cactacea, è una famiglia di piante “succulente” (dette comunemente e non del tutto correttamente piante grasse).
Tutti i cactus sono succulente, ma non tutte le succulente sono cactus.
Questo perché il cactus è solo una delle circa 60 differenti famiglie che compongono le succulente, così chiamate perché dotate di particolari tessuti capaci di immagazzinare l’acqua durante i periodi di pioggia, per venire poi razionata e distribuita in maniera straordinariamente intelligente durante i periodi di siccità.
Tornando al cactus, la sua famiglia da sola comprende circa 3000 specie differenti e 150 generi.
DI cui una è appunto quella delle cosiddette “opuntiae” di cui fa parte il fico d’india.
Ricapitolando: succulente - cactacee - opuntiae
Ah, piccola deviazione sull’origine del nome del fico d’India. O ficus indica.
Nativo del Messico, i messicani danno ancora oggi a questa pianta una incredibile importanza, al punto da rappresentare uno dei simboli del paese: appare persino nella bandiera della Repubblica Messicana.
Il motivo di questo nome è legato a uno degli errori più celebri della storia, quello legato alla scoperta delle Americhe.
Il fico d’India giunse in Europa nella seconda metà del cinquecento grazie agli spagnoli, e sembra che sia stato proprio Cristoforo Colombo a importare i frutti nel Continente, essiccati al sole, come era usanza delle popolazioni indigene del periodo.
Intorno al 1493 tornando in Spagna dalla sua esplorazione alla ricerca di una via alternativa verso le Indie, l’esploratore genovese lo portò con sé e lo chiamò così perché proveniente, secondo lui, dalle Indie.
In Italia
In Italia il Fico d’India arriva prima in Sicilia, introdotto dagli spagnoli nel Sedicesimo secolo. La sua coltivazione cominciò subito e si diffuse prevalentemente nella zona dell’Etna, grazie alle capacità di adattamento e alla forza delle sue radici in grado di dissodare il terreno vulcanico.
Ma torniamo alla famiglia principale delle Cactaceae che conta come dicevamo circa 3.000 tipi diversi di colture.
Non tutti sanno che il cactus appartiene allo stesso ordine degli spinaci, delle barbabietole, del grano saraceno, del garofano e di tante altre piante molto conosciute.
I cactus inoltre fioriscono. In alcuni periodi dell’anno esplodono con fiori coloratissimi e di grande fascino.
Ma dietro la bellezza dei fiori di queste succulente si nasconde un particolare macabro e curioso: alcune varietà, infatti, producono fiori che emettono un forte odore di carne avariata. Questo terribile odore è però molto gradito agli insetti necrofili, che hanno il compito di fecondare la pianta e che dunque la considerano “succulenta” per alcuni periodi dell’anno.
Altra curiosità è che del cactus sin dai tempi antichi erano note e apprezzati gli estratti, utilizzati per le proprietà curative ma anche per gli effetti allucinogeni.
Un esempio delle sue proprietà? Dai semi del frutto del fico d’India si estrae il prezioso olio di cactus che ha proprietà rigeneranti, ristrutturanti, rassodanti e aiuta a rallentare il processo di invecchiamento della pelle.
Passeggiando per i Giardini di Villa della Pergola, durante le visita guidata, il bravissimo Davide vi accompagnerà alla scoperta della nostra collezione di cactacee.
Non troverete tutte le 3000 specie, ma molte vi aspettano per meravigliarvi con le loro forme bizzarre e la loro affascinante maestosità .
Qui un video con un assaggio degli esemplari che potete ammirare durante le visite guidate!